venerdì 25 settembre 2009
Una storia quasi soltanto mia
Nessuno più fa caso alle parole, per un motivo preciso: oggi ce ne sono tante di parole, siamo nel confessionalismo compiuto. Si veda su questo anche la recente polemica con la chiesa e l'intervento di puntuale ritardo dello scrittore veronesi su La Repubblica. Tutti entrano nello spettacolo della atutogratificazione morfemica del sé...allora si prova nostalgia per quel tempo in cui una parola poteva fare politica, azione, forzare l'indifferenza del piccolo borghese, la zona grigia, e arrivare nel segno. Ora la zona grigia ha deciso di partecipare al gioco con una forma di divismo di massa, le parole sono talmente tante che non c'è più bisogno di censurarle, tanto non colgono mai nel segno; proprio perché non c'è nessun corpo da colpire. Si parla di dispersione proprio perché oggi la memoria è ammasso di dati che non hanno spessore temporale, cioé storia. Quindi la nostalgia di quegli anni , i senttanta, tanto di moda!, quando esisteva la parola dura come pietra, il montaggio nel cinema, la scenaggiatutra puntuale della televisione,...(questo nei più giovani). Poi la nostalgia dei settanta come riappropriazione del rimosso; e qui la cosa diventa più interessante.Memoria come rimisurazione del trauma che ci è stato sottratto.
I figli degli operai sono cresciuti davanti allo schermo televisivo sperando di beccare un filino di carne della Heather Parisi nazionale e della forza del padre operaio ne sentivano solo l'eco: il suo sudore, la fatica restava esclusiva della moglie casalinga.ecco oggi si deve puntare a risentire lo schianto.
Così fanno alcuni con libri e visioni. Di recente è successo con la vedova pinelli che, con Scaramucci, ha ripubblicato il libro ormai al macero dall'ottanta Una storia quasi soltanto mia. Edito feltrinelli. Finalmente un controaltare alla santificazine di Calabresi, alle parole menzognere dei tanti che ancora parlano di "morte di pinelli" e non di omicidio. Ancora dopo anni di indagini, la morte di pinelli è una "caduta accidetale" o un "malore attivo"?! Risentiamo queste bestialità in tv, lo leggiamo sui giornali, e in nome della famiglia si dimentica ancora una volta. La famiglia Calabresi ha sofferto e ora viene ricompensata di tanto dolore: ma la vedova Pinelli? Colei che ha risentito dire in giro, quasi da tutti, che l'anarchico è "caduto"? E la forza di chi l'ha spinto? Dove sta la mano? Rimozione delle classi e della lotta. Giusta pietà per i morti, tanti cori per il libro di Mario Calabresi (Spingendo la notte pipù in là) ma non si può dire che Calabresi sia stato innocente per "la morte di Pinelli", "perché in quel momento, mentre l'anarchico "cadeva", non era presente nella stanza del suo ufficio". Tesi accolta da commentatori e giornalisti senza batter ciglio e senza diritto di replica alcuna. Ma anche se fosse vero? Un investigatore è un servitore dello Stato che fa servizio pubblico. Così come un docente è responsabile di altre persone. Se fosse un professore di liceo a uscire per un caffé dalla sua aula e gli cadesse di sotto un alunno? La colpa di chi sarebbe, del bidello? Questa è la responsabilità pubblica made in italy, gettare addosso ai ferrovieri, agli operai tutte le colpe. In pochi verranno a chiederne ragione. Un intellettuale italiano ha detto che la democrazia significa rispondere con i libri ad altri libri (beato illuminista!) io mi limito a gioire per queste pagine di storia.Tra le altre cose Licia Pinelli (vedova di Giuseppe), nel suo libro intervista, racconta della recente visita a Napolitano al Quirinale, dove ha incontrato anche la vedova Calabresi. Straordinaria testimonianza di come i borghesi illuminati vivono nel calore delle loro conquiste, gli operai perdono identità nelle aspirazioni piccolo borghesi dei figli e tutto si risolve in un vuoto d'aria, magniloquenza dello spettacolo:
"Siamo rimasti lì nel salone per qualche momento, un po' di strette di mano. si è avvicinato Napolitano per salutarmi. "sono onorato di conoscerla". Ho conosciuto[...] Mario Clabresi che mi ha dato l'impressione di una persona buona, ho avuto tanti di quei baci. Tutta un'atmosfera cordiale, rispettosa, ma non ossequiosa. Un'atmosfera che mi dava la sensazione, lì dentro, di un Stato di diritto, di come potrebbe essere uno Stato di diritto
E quando sei uscita?
Un'altra Italia. si respira un'atra aria fuori, diversa, molto peggiore.Un'Italia di nessun diritto.
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