lunedì 11 gennaio 2010

Alcuni "Sonetti da terre straniere" da La Libellula

Da La Libellula di Vincenzo Frungillo
pensando ai recenti scontri di Rosarno

Emigrazioni. Milano.

Escono dai sediolini dei loro viaggi
come tanti nervi vivi dai denti guasti,
portano una piega scomposta della testa
come ruga perenne della loro stanchezza

è la loro ed è la piega straniera
di chi consce lo spostamento,
il bivio mortale da cui nasce ogni accento,
loro annotano il vento,

perché è impossibile fermarlo,
tenerlo dentro,
lo spifferano, piuttosto, in uno sbuffo di gelo,

nello spazio d’un volto,
scomparendo, ogni giorno, all’alba, di nuovo,
nello sbadiglio del mondo.

V.
Risorgimento. Magenta.

Sono Solo Sonno. Si legge sulla centralina elettrica
della stazione di Magenta e in quella scritta
di vernice nera l’energia cinetica
interrompe la sua regola, ritrova la sua etica.

Allora tutto si ferma. E la battaglia,
ricordata con una targa commemorativa
ritorna nella nebbia, così anche le grida.
L’Italia risorge questa mattina dalla poesia

d’un adolescente che finisce l’impresa
iniziata più d’un secolo prima;
resistere alla voce straniera, all’incondizionata resa

del cupio dissolvi della nuova politica,
descrivere la provincia che fagocita
e il fagocitare che fa dell’Italia provincia.

VI.
La città del popolo. Völklingen

Ora vivo dove riposano gli elefanti
lì, dietro le ciminiere, tra le balle di ferro
puoi trovare il loro cimitero,
hanno la gabbia toracica ancora gonfia nel fiato.

Ci sono carrelli che salgono piano,
portano carbonfossile al cielo,
dal loro odore si sente quant’è nero.
Un operaio mi viene incontro, mi stringe la mano,

dice che è caduto lavorando-
i fantasmi hanno le dita molli del dubbio
come di chi saluta senza volerlo-

lui di questo posto è il guardiano,
controlla che nessuno tocchi l’avorio,
quel poco rimasto, dice che adesso solo io posso vederlo.

VII.
L’onda anomala

Lasci l’istinto minimale,
le cose poco serie, i refusi sul giornale,
a chi ancora crede in una correzione
e fissi l’orizzonte,

la sua pancia gravida di onde.
Resti in piedi nella secca, una sogliola ti fissa,
resta muta la natura, tutt’intorno si ritira
con l’onda di risacca che respira.

“Torna! Torna!”
Grida qualcuno dalla riva,
ma tu sai che la marea arriva,

che è l’ultima tua sfida
risalire in superficie,
ritrovare volume, riassaporare la fine.

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