"Se il sentiero tra vegetazione e desideri ti porta/ dove non sai, nominare/ non riesci la pianta della luce di lei// o se il filo dall’abito da sposa/ rinvieni sul lago del sagrato per caso o meraviglia/ senza biancore di freddo/ (piove lo stesso la neve nell’anima...". La poesia di Raffaele Piazza è attraversata da una tensione erotica inesauribile, che assume le forme di un verso lirico, liquido e sensuale, ma di una sensualità controllata nel dettato e che si trasfigura in immagini d’amore e stupore, precise e, al tempo stesso, delicate come un fiore appena sbocciato o come le altre vite vegetali presenti in molti dei versi del poeta, emblemi di quella meraviglia che da sempre accompagna lo stare al mondo dell’uomo.
Del Sognato - l’ultimo libro di Piazza, edizioni La vita felice, 2009, con nota critica di Gabriela Fantato - porta al suo nucleo originario la fonte d’ispirazione che da anni contraddistingue i testi dell’autore e, questo nucleo, è rappresentato dal desiderio, che è la sorgente e la materia dei sogni, il sognato per l’appunto. La poesia dà parola a quanto di più profondo e inconscio c’è nel cuore di ogni uomo e sotto questo aspetto la poesia di Piazza appare nella sua unicità e bellezza perché attinge al sacro, presente come apertura originaria in ognuno di noi, basandosi su una vocazione squisitamente lirica, nella sua accezione più pura e alta.
Il libro è diviso in due sezioni, la prima Mediterranea, che, come si evince dal titolo, è pervasa da un lucore meridiano e solare, dove, come sottolinea la Fantato nella sua nota critica, “ è ancora possibile cercare e talvolta, forse, incontrare nei testi di questo poeta l’espressione della gioia “semplice” del corpo esposto al sole, alla bellezza del paesaggio”, ma che in controluce fa emergere una malinconia lunare, quasi che anche la dimora mediterranea fosse vissuta come un esilio, come appare evidente dalla bellissima Messaggio dall’esilio (Tornano, giocano con parole di abete/ e rondini gli amici: distanze abbreviate/ di treno se ti aveva portata e non il tuo/ pensiero nell’intessersi il ritmo/ del Mediterraneo a voci fuori campo:/ vita ritrovata in esili stelle in lune/ aranciate senza profeti sull’ordine/ dei tuoi petali disposti ad angolo dell’anima a fare scudo all’avvicinarsi/ di atomi di giorni su questa carta...).
L’altra sezione è quella che dà il titolo all’opera e qui sembra che il lettore, seguendo la parola del poeta, si possa abbandonare definitivamente al naufragio delle sensazioni, quasi come un Odisseo il cui destino è, però, nell’eterno presente della contemporaneità, quello di perdersi in un oceano di camere e pareti, di Internet, molto presente e grande intuizione di queste poesie, e dell’inconscio che ci parla per apparizioni, miraggi, enigmi, ninfe e fate, queste ultime riassunte dal nome di Alessia (Ora dietro al nido delle/ ore dorme/ nell’esattezza di una meraviglia/ Alessia...), quasi una novella Calipso o sirena che avvince a sé l’io lirico del poeta e, con la malia di parole sussurrate e di gesti accennati, appare e scompare dal mare immateriale della rete. In questo viaggio in un mare invisibile l’unica possibile Itaca per il poeta, come mostrano la prima e l’ultima poesia del libro, è il tavolo da lavoro, da cui si parte scrivendo e a cui si ritorna sempre, dimora che ci attende ma anche luogo dei nostri fantasmi da combattere e nominare, "Aprile in verde esce di scena ci lascia/ il tavolo di lavoro con le copie dell’anima/ una mela addentata a dare una gioia rimasta/ nel trasmigrare dei pensieri".
Del Sognato - l’ultimo libro di Piazza, edizioni La vita felice, 2009, con nota critica di Gabriela Fantato - porta al suo nucleo originario la fonte d’ispirazione che da anni contraddistingue i testi dell’autore e, questo nucleo, è rappresentato dal desiderio, che è la sorgente e la materia dei sogni, il sognato per l’appunto. La poesia dà parola a quanto di più profondo e inconscio c’è nel cuore di ogni uomo e sotto questo aspetto la poesia di Piazza appare nella sua unicità e bellezza perché attinge al sacro, presente come apertura originaria in ognuno di noi, basandosi su una vocazione squisitamente lirica, nella sua accezione più pura e alta.
Il libro è diviso in due sezioni, la prima Mediterranea, che, come si evince dal titolo, è pervasa da un lucore meridiano e solare, dove, come sottolinea la Fantato nella sua nota critica, “ è ancora possibile cercare e talvolta, forse, incontrare nei testi di questo poeta l’espressione della gioia “semplice” del corpo esposto al sole, alla bellezza del paesaggio”, ma che in controluce fa emergere una malinconia lunare, quasi che anche la dimora mediterranea fosse vissuta come un esilio, come appare evidente dalla bellissima Messaggio dall’esilio (Tornano, giocano con parole di abete/ e rondini gli amici: distanze abbreviate/ di treno se ti aveva portata e non il tuo/ pensiero nell’intessersi il ritmo/ del Mediterraneo a voci fuori campo:/ vita ritrovata in esili stelle in lune/ aranciate senza profeti sull’ordine/ dei tuoi petali disposti ad angolo dell’anima a fare scudo all’avvicinarsi/ di atomi di giorni su questa carta...).
L’altra sezione è quella che dà il titolo all’opera e qui sembra che il lettore, seguendo la parola del poeta, si possa abbandonare definitivamente al naufragio delle sensazioni, quasi come un Odisseo il cui destino è, però, nell’eterno presente della contemporaneità, quello di perdersi in un oceano di camere e pareti, di Internet, molto presente e grande intuizione di queste poesie, e dell’inconscio che ci parla per apparizioni, miraggi, enigmi, ninfe e fate, queste ultime riassunte dal nome di Alessia (Ora dietro al nido delle/ ore dorme/ nell’esattezza di una meraviglia/ Alessia...), quasi una novella Calipso o sirena che avvince a sé l’io lirico del poeta e, con la malia di parole sussurrate e di gesti accennati, appare e scompare dal mare immateriale della rete. In questo viaggio in un mare invisibile l’unica possibile Itaca per il poeta, come mostrano la prima e l’ultima poesia del libro, è il tavolo da lavoro, da cui si parte scrivendo e a cui si ritorna sempre, dimora che ci attende ma anche luogo dei nostri fantasmi da combattere e nominare, "Aprile in verde esce di scena ci lascia/ il tavolo di lavoro con le copie dell’anima/ una mela addentata a dare una gioia rimasta/ nel trasmigrare dei pensieri".
Francesco Filia
3 commenti:
“è il buon inizio che combacia con una gioia
di estive fragole.
Poi tutto inizia nella mente e si parte”.
Se fosse un film, somiglierebbe a un remake de “Il posto delle fragole” di Ingmar Bergman. E “ad ogni passo una fragola”, “la piantina di fragola”, “le piantine del rosso della fragola”, “le fragole del bosco”. Questo il refrain che scandisce il tempo del sogno.
Ed è uno strano viaggio quello per cui partiamo, illuminati dalla “luce/posata sulla polvere dei nostri/computer” o accanto a una presenza femminile privilegiata, la “bocca di rossetto rosso”, Alessia (“ad attraversare il mare/con gli occhi ci pensa il 1984, si passa il limite”, “nuda dopo l’amore, pareva un/gioco”) che forse non è di questo mondo e per questo sta in primo piano rispetto alle altre figure femminili (ucraine, baby sitter, una certa Maura).
In ogni caso, per tutto il mare che abbiamo nel cuore e tutto il mare che abbiamo di fronte, non ci resta che ”navigare”: in internet o nel mare nostrum della memoria (con “il ritmo/del Mediterraneo”), o nelle acque domestiche di un acquario “amniotico”, nella goccia estrema di un amore che è scambio di fluidi (“diresti Alessia tra le cose del mare”). Ma partiamo dall’adolescenza.
Se la “camera dell’adolescenza” diventa – alla Proust - una macchina del tempo (“Tu sei Alessia sei nel tempo/al sapore della fragola: ti porto”), una seconda “vita in un monitor”, è anche vero che la nostalgia dell’adolescenza viene rivissuta, quasi fisicamente, come una seconda adolescenza tradotta negli anni a cavallo del nuovo secolo.
Persino la carnalità dei rapporti sessuali nel momento in cui viene ricordata rivive di nuova vita perché viene trasposta nella sensualità sovraesposta delle ragazzine in web-cam, con il loro piercing all’ombelico e “la magia del sedere”.
Massimo grazie per i tuoi commenti/recensioni, bei contributi, interessante l'accostamento della poesie di Piazza a Bergman e a Proust.
ff
Bella la recensione di Filia che dà conto del lavoro di Piazza in modo esauriente.
Il libro, poi, mi ha colpito perché segna una maturazione nel linguaggio lirico del poeta napoletano che tenta di parlare della realtà virtuale dei sentimenti, filtrata da internet, in modo nuovo rispetto alle precedenti raccolte; ma rimane fedele al suo "tavolo da lavoro" cui perennemente il poeta ritorna (desiderio, eros, "vite vegetali", mare, luce e ombra di ciò che si è perduto e sempre rinasce, storia duale ed universale.
Posta un commento