“Di nuovo! Ti ricordo una felice
sintesi di Giovanni dall’Orto: “Omosessuali non si nasce né si diventa.
Omosessuali si è”. È la risposta lucida, pragmatica, fenomenologica da
replicarsi alle posizioni essenzialistiche e idealistiche. Perché nel momento
in cui si chiede se si ‘nasce’ o si ‘diventa’ omosessuali (mancini) si
sottintende che ci sia una ‘causa’: come per le patologie, per le malattie. Se
si ‘è’, si smette di cercare ‘cause’ e ci si limita –al più- alla descrizione
dei fenomeni.” E
potremmo aggiungere il descrivere
fenomenologico come lasciar apparire
la “cosa”, il fenomeno, per quel che è, al massimo cercando di interpretarlo nei rimandi che esso
apre all’interno del mondo in cui si va ad inserire. Questo mi sembra il nucleo
concettuale e la proposta teorica-pratica di Zamel – “frocio” in arabo- romanzo, epistolario, saggio, dialogo filosofico
di Franco
Buffoni, Edizioni Marcos y Marcos,
2009 - libro sorprendente nello stile, nella struttura e nel contenuto. È
un testo che sembra parlare solo dell’omosessualità, dell’identità gay e della
sua storia, con riferimenti letterari cospicui e straordinari, ma che in realtà
affronta un questione che ne va al di là e che riguarda la radice dell’umano:
il rapporto tra sessualità, desiderio e identità.
Romanzo del quale si conosce già il
finale nel primo capitolo, in cui è narrato l’omicidio di Aldo da parte del suo
amante tunisino. Questo inizio, però, non è estrinseco al nocciolo del testo ma
funzionale ad esso, perché evidenzia che i dialoghi, l’epistolario, ciò di cui
parlano Aldo ed Edo (che oltre ad essere i due personaggi sono l’uno l’alter
ego dell’altro), non è oggetto di una conversazione solamente amichevole ma è
un dialogo in cui ne va della vita e della morte, della possibilità di
un’identità o l’alternativa invece di non essere riconosciuti, anzi, di essere
cancellati non solo dal mondo esterno, ma dai propri sensi di colpa o di quelli
di chi ci è vicino. Edo, protagonista ed “eroe” intellettuale del libro, tornato a Tunisi per i funerali di Aldo e il processo al suo assassino, ripercorre la loro conoscenza, l'amicizia, i dialoghi, le
occasioni dei loro incontri avvenuti quattro mesi prima del delitto, a tal proposito, molto belle e significative sono
le parti in cui Edo cerca di ricordare e di conoscere meglio l’amico attraverso
gli oggetti e soprattutto i libri lasciati in casa. Il nucleo centrale del
testo è un lungo flash back, in cui viene ripreso il rapporto tra Aldo,
architetto cinquantenne che è andato a vivere in Tunisia alla ricerca di un paradiso
terrestre per gay, anzi per froci, parola che il personaggio declina al
femminile, quasi a sottolineare la propria condizione come uno sbaglio frutto
della mancata identità femminile, ed Edo, scrittore in vacanza in Tunisia, omosessuale, consapevole della propria
identità e della storia a cui appartiene, ma soprattutto portatore di una prospettiva
collettiva fatta di rivendicazioni, diritti e intelligenza (nel senso
etimologico come capacita di leggere il reale e di coglierne gli aspetti che ne
legano i vari ambiti) del desiderio. Ed è qui che va rintracciato il sottotesto
di questo scritto. Sottotesto che consiste, appunto, in una filosofia del
desiderio che, partendo da un punto di vista ben determinato, la cultura e l’identità
omosessuale, implicitamente allarga il discorso alla condizione umana in
rapporto all’eros e a ciò che si desidera. A ben vedere qui si contrappongono,
o per meglio dire, dialogano, due idee del desiderio: quella di Aldo dove il
desiderio è risolto, oserei dire ridotto, a funzione e bisogno da soddisfare,
in cui la ricerca del paradiso terrestre, che non riuscendo a cancellare il
senso di colpa per una condizione non accettata sino in fondo, si rovescia
nell’inferno della coazione a ripetere, nello sfogo immediato delle pulsioni; e
quella di Edo dove il desiderio è visto
come la condizione trascendentale dell’umano, l’apertura inesauribile entro cui
il fenomeno umano si dà, che non può essere ridotto a mera pulsione da
scaricare soltanto in sempre nuove avventure, ma deve essere coltivato e fruito
con razionalità e consapevolezza. Una filosofia del desiderio appunto, che
costruisca l’identità del singolo e della comunità, che poi, tale identità, può
essere declinata in senso omo ed etero, se mai queste categorie abbiano un
senso non strettamente “polemico” ma anche speculativo e, se lo hanno un senso,
è perché esse stesse sono costruzioni storiche, come lo stesso concetto di
“identità sessuale”, e come tali vanno analizzate. Da questo punto di vista è
significativo il passaggio in cui Edo sottolinea la differenza tra l’approccio
giudaico-cristiano e l’approccio greco-romano alla sessualità: “credo di poter affermare che – tra questi
tabù che il cristianesimo, principalmente attraverso San Paolo, assorbe
dall’ebraismo – vi è la prevalenza dell’oggetto rispetto alla pulsione. Mentre
in ambito greco e romano ciò che contava era la pulsione erotica – e l’oggetto:
uomo, donna o fanciullo aveva un’importanza relativa – in ambito giudaico –
cristiano è l’oggetto della pulsione che giustifica l’eros, conferendogli senso
all’interno di un ‘progetto’: la famiglia, i figli, il matrimonio
indissolubile. Con conseguente primato assoluto dell’amore eterosessuale e
monogamico.” Forse recuperare il senso greco-romano della sessualità, che dà prevalenza alla pulsione
rispetto all’oggetto, potrebbe permettere di riproporre determinate questioni
etiche, psicologiche, sociali e giuridiche importanti, trattandole con una
razionalità che non escluda ma che accolga il desiderio e non con la fobia del
peccato, del conseguente senso di colpa e della rimozione psicologica ad esso
legato, o con lo svuotamento nichilistico del desiderio nell’organizzazione
tecnica del mondo odierno. In altre parole un compito fondamentale che l’uomo
contemporaneo ha, e che la riduzione tecnologica-mercantile attuale della
sessualità rende ancora più impellente, è di “capire che con i
nostri desideri, attraverso i nostri desideri, si creano nuove forme di relazione,
nuove forme d’amore, nuove forme di creazione. Il sesso non è una fatalità; è
possibilità di una vita creativa” per dirla con Foucault, ossia che la
sessualità, come luogo eminente e originario ma non esclusivo del desiderio, è
la possibilità di attuare il tratto specifico dell’umano, cioè di vivere un’esistenza
che non sia mera coazione a ripetere che si consuma nel consumare tutto
(sesso, merci, informazioni, valori), ma che sia, invece, possibilità,
apertura, intelligente e creativa.
Francesco Filia
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