Il greco "theorίa" significa "riflessione" ma anche "solenne ambasciata", "spettacolo". E forse non ci può essere grande poeta che non abbia
intuizioni teoriche su altri grandi poeti, che non li rappresenti sul palcoscenico
di una potenza concettuale. D’altronde è patetica la mitologia del poeta che –
privo di questa potenza – sa tuttavia "raccontare" o "sognare", come se il sogno fosse il paese dove si annebbia la
spina intelligente. Accade che devi versi svenino il proprio pensiero fino al
punto di non riconoscerlo. Ma questo serrante pensiero deve esserci stato: proprio allora i versi entreranno nella ragione
che esso non conosce! Se quei versi dubiteranno, se avranno il cruccio di non
aver pensato abbastanza… quanta ignobile poesie di idee è nata da questo
cruccio.. quanti inginocchiamenti ai filosofi… o quanti accantucciamenti nella
poesia d’impressioni. Nessuna sottomissione della teoria alla poesia, se sono
sorelle greche. E nessun confronto, perché queste due estranee si devono essere amate.
Da “Poesia e destino”, Milo De Angelis, Cappelli editore,
1982.
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