giovedì 12 febbraio 2009

Una poesia civile

Liberamente tratto da “Uomo del mio tempo” di Salvatore Quasimodo

Sei ancora quello dell’anatema e della verità
uomo del mio tempo. Eri nei tribunali dell’inquisizione
alle forche, alle ruote di tortura , ai roghi.
T'ho visto: eri tu, con la tua religione vera ,unica
senza amore , senza pietà , persuaso allo sterminio.
Forte dell’alleanza con i forti,brandisci la fede
come una spada ,travolgi ed umili l’amore di un padre,
vuoi zittire la voce degli altri ,come sempre ,
come hai fatto con Galileo, Giordano Bruno
come con Dolcino e i suoi apostolici ,con le streghe
e gli omosessuali, gli indios, i marrani
tutti evangelicamente inquisiti, imprigionati o messi al rogo.
Oggi la storia si ripete senza sangue , ma si ripete
e volano le ingiurie e le grida di assassinio ,di delitto.
Il furore si fa legge e pretendi l’uso del mio corpo
quand’esso fosse un involucro vuoto e senza alcuna luce
Ma io dico:
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate questi padri , essi sono avvelenati.
Essi sono avvelenati da ipocrisia, ingordigia di potere, volgarità
Tutte figlie dell’ignoranza , voi siete la speranza ,voi siete l’Umanità.


Giuseppe Sambri