sabato 23 marzo 2013

Undicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea


Non è facile recensire un’antologia perché è più difficoltoso coglierne l’idea centrale, la trama profonda del testo, ciò che ne lega in un unico discorso, se c’è, le parti. E’ questo pensiero che mi ha colto leggendo l’Undicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2012, a cura di Franco Buffoni) e, ovviamente, questo filo non può essere solo in un fattore generazionale, essendo i sette poeti antologizzati, tutti nati tra gli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta, ma deve trovarsi in qualcosa di più profondo. Inoltre le difficoltà sono accentuate dalla presenza, oltre che di una prefazione generale del curatore Franco Buffoni, per ogni autore, di un saggio critico introduttivo ( i curatori dei singoli interventi sono: Giancarlo Alfano, Rosaria Lo Russo, Paolo Morelli, Umberto Motta, Fabio Pusterla, Carlo Vasio, Fabio Zinelli), che, se da un lato dà completezza ai sette libri antologizzati nel quaderno e dà una traccia di lettura dei testi, dall’altro può determinare una stimmate di irrevocabilità all’interpretazione degli autori antologizzati. In questa antologia, però, queste possibili perplessità vengono subito fugate dall'alto livello dei poeti antologizzati e dei contributi critici, oltre che dal dialogo serrato che nasce dalla stessa organizzazione testuale.
Una possibile linea interpretativa la offre lo stesso Franco Buffoni nella sua presentazione, quando parla di “condizione” come tratto comune dei diversi “libri” antologizzati nel volume. Anche a  me sembra che questo sia un terreno che accomuna tutti gli autori e che spesso è presente al di là delle diversa presa di coscienza degli stessi. E procedendo dalla “condizione” potremmo dire che questa consiste nell’intuizione che l’esistenza dell’uomo e del poeta e delle cose tutte sia un incessante “movimento”, anzi potremmo dire che tale condizione è la dimensione trascendentale dell’esistenza e della nostra epoca. La poesia, quindi, deve cercare di dire questa verità nella sua intima essenza, mettendosi in gioco essa stessa e cercando nuove vie espressive per andare oltre la banalizzazione che di essa fa la vita quotidiana, o meglio andando oltre, ma cercando di dar ragione anche di tale condizione deiettiva. Se questo filo conduttore o, meglio, questa ipotesi interpretativa ha una sua validità, potremmo riscontrarla nel primo degli autori antologizzati, Yari Bernasconi, nei cui testi la vita si mostra nella sua durezza implacabile e senza possibilità di redenzione. In questi versi il movimento assume il suo aspetto essenziale di corruzione inevitabile di ogni cosa, determinata dal tempo che travolge ogni cosa o che lentamente ma inesorabilmente la consuma anche per l’azione devastatrice della natura, come per il vulcano Merapi protagonista di una delle sezioni qui antologizzate; anzi sembrerebbe che ogni evento nasca per mostrare la sua ineluttabile corruttibilità e a questa condizione non può esserci rimedio, ma solo una constatazione senza speranza, senza neanche la speranza di un impossibile perdono: Non è vero che saremo perdonati, in questo la citazione di Fortini rende definitivo e lapidario lo sguardo del poeta, l’unico evento che, forse, per un attimo può far cessare, o per lo meno, sospendere, il procedere ininterrotto di ogni cosa nel nulla (Sassi, dietro il cancello e la catena. Dietro le ruggini/ della barriera. Una guida racconta del miracolo/ finito in niente: sabbia e polvere. Racconta/ le persecuzioni e le guerre. La cattedrale/ delle cattedrali, era: ora è ridicola. Uno scherzo/per i pochi turisti.// Sulla facciata è rimasta una testa sola:/ la prostituta accovacciata sotto i piedi di chi cammina,/ tra gli sputi e lo sporco. Volti vuoti, gli altri, spazzati con pochi colpi di martello.// lei no. Lei ha ancora/ due occhi per guardarsi attorno. Senza vergogna,/ questa volta: nessuno a scrutarla dall’alto./ più nessuno a deciderle un perdono, un sorriso.).
Invece l’abitare, che è il titolo ed il cuore dei testi di Azzurra D’Agostino, è il modo attraverso cui lo sguardo e la parola poetica preservano la condizione di transitorietà di ogni cosa, il luogo in cui le cose si danno è il primo custodirsi di ogni evento. Il movimento è qui una ricognizione emotiva dei luoghi e anche un appello agli uomini che vi abitano a interagire con essi, a passarvi in modo più lieve. Il passaggio è la condizione dell’abitare ed esso deve cogliere l’aspetto impercettibile e invisibile della natura, l’alone misterioso che la preserva per ciò che è. In questo la poesia della D’Agostino ha una dimensione profondamente ecologica, nel senso etimologico del termine; è la parola poetica che può ridare un senso, una casa, all’abitare, mostrandone l’andamento, il passare e il trattenersi nella custodia della natura, per poi svanire, se non raccolta dalla memoria dei luoghi e di chi vi abita (I verbi dei sassi e del legno/ coprono la distanza. Così/ è l’invisibile inverno,/ capelli che sanno di neve./ L’aperto del cielo prepara/ gli uomini. E gli insetti/ hanno un cuore noi/ come faremo, che non conosciamo/ nessun silenzio, nessuna voce che chiama, noi che nessun volto/ abbiamo adatto a restringere la pena?).
In Fabio Donalisio potremmo dire che l’approccio alla scrittura poetica è dato da un continuo depistare, dal disseminare tracce, per un’impossibile pratica del ritorno, per poi nascondersi d’improvviso in uno smorzarsi della parola, che si fa, a volte ironica o parodica, altre volte invece sorprende il lettore, quasi in un agguato linguistico, in improvvise accensioni che subito svaniscono. Insomma qui viene riproposto uno stilema di molta poesia e letteratura contemporanea e non solo, quella del larvatus prodeo, del procedo nascosto, in cui si disseminano tracce e versioni diverse dello stesso evento e che a ben guardare nasconde una forma raffinatissima, coltivata sino alle sue estreme conseguenze, di narcisismo poetico (scardini la memoria istituzionale/ fornisci ricordi incastrati, una volta,/ senza far male/ ogni complessità del reale (abituale)/ si fa sudore/ e anche se non so (mai saputo)/ te lo scopo nel cuore,/ l’amore// (e chiedo aiuto) ).
Invece nella poesia di Vincenzo Frungillo -sicuramente degli autori antologizzati tra i più compiuti poeticamente, dove l’estrema consapevolezza teoricopoietica si coniuga con una forza immaginativa fuori dal comune - i testi poematici (La fine di Lucrezio, Iter stultorum e La parte mancante) qui raccolti, colgono la condizione umana nella suo requisito profondo di oscillazione tra violenza della storia e tenerezza costitutiva delle creature. Questa oscillazione è il motore segreto, il sistema di leve, che muove la storia e fa sì che l’uomo propriamente non sia, non è, perché la sua essenza non è data una volta è per sempre ma è essa stessa diveniente, proveniente da un’origine remota e irraggiungibile e rivolta a un domani, un futuro, un oltre, esso stesso al di là di qualsiasi orizzonte, al di là di qualsiasi terra promessa e che può essere intravisto solo nell’attimo prima del naufragio definitivo. Qui il moto è un moto di dispersione tragica, perché non voluta, che è l’intima essenza, l’unica testimonianza, della storia umana (Siamo annegati vicino Lampedusa,/ altri sono dispersi al largo della Puglia,/ siamo una falla della Storia,/ solo questo ci accomuna.// Eravamo acqua, terra, fuoco,/ poi ha parlato per noi il vuoto,/ ci ha spinti tra le onde,/ a spiare le coste,// Tentare la via del mare,/ e naufragare, naufragare./ La terra non ci ha accolto,// nessuno ci ha sepolto,/ offriamo a te il nostro,/ la nostra fine sarà il vostro inizio.).
In Eleonora Pinzuti - altra voce con Frungillo e Simonelli già pienamente strutturata - il movimento è un’andare indietro nel tempo della memoria e la parola poetica assume l’andamento di una ricerca di quelle tracce mnestiche che riannodano i fili del presente con un passato perduto, ma che può essere proustianamente salvato, attraverso un viaggio ctonio nella memoria e grazie al confronto con la figura, centrale in questi versi, della nonna dell’autrice, che sembra quasi quella di un Virgilio dantesco al femminile, che prendendo per mano la nipote poetessa la conduce in un viaggio alla ricerca del senso profondo della propria esistenza, portandola a riattraversare i momenti decisivi e i dettagli indelebili del proprio passato. La lingua poetica è essa stessa il luogo di questo attraversamento del passato, non è un semplice mezzo ma la dimensione in cui si mostra, brilla, l’irrevocabile luce di ciò che è stato, che ridona senso a ciò che ora è (Lentamente/ mi leggo dentro un alfabeto diverso./ I segni si annodano,/ diventano punti,/ anche se ancora preme al centro del collo/ l’aguzzo senso di niente./ Mi libro, mi scollo// E torna a mente, dopo tanto tempo,/ il tratto di compendio:/ la possibilità di veder esauditi/ i desideri, le trame/ semplicemente/ volendo.).
In Marco Simonelli il movimento si manifesta come un pendolarismo dell’anima tra una città (Firenze), luogo insieme rivelatore, di cui è intriso l’immaginario, ma anche dimensione cupa dove il desiderio assume aspetti inquieti, e l’altrove, non troppo lontano, il mare, collegato alla città da una bretella autostradale, che però è il simbolo di un altrove ben più radicale, quello della memoria e della ricerca di un’identità in quel che si è stati. Questo altrove spazio-temporale si riverbera sul presente e rende la materia poetica incandescente, una  “fusione a caldo”, per dirla con Buffoni, tra la memoria e la commedia umana osservata da Simonelli, che, però, viene sapientemente raffreddata dall’andamento piano, apparentemente discorsivo e conciliate, del dettato poetico, senza rinunciare ad una rielaborazione originale della tradizione. Questo procedimento letterario, che spesso è stato definito pop (anche se su questa definizione, che spesso identifica anche la poesia di Donalisio e di altri autori qui non antologizzati, ci sarebbe da discutere, perché nasce in ambiti artistici diversi e per essere inserita congruamente in poesia avrebbe bisogno di una giustificazione teorica seria), comunque, permette al lettore di giungere al cuore del versi con un tocco lieve e inavvertito, quasi evanescente (La tua professoressa t’incrinava il destino con i tre./ Io e te eravamo gli scemi del villaggio./ Nel paesaggio due semi intestarditi insieme impollinati/ e l’unico sbocciare fu solo nei capelli colorati,/ fu solamente nelle pelli bianche; in due su un motorino/ o a giardino dove fumavamo, facendo sega a scuola.// Adesso vola solamente il ricordare, per te che stai col Corvo,/ le fasce stile Brandon Lee del non sopravvissuto, stormi d’uccelli neri,/ che ieri c’era da mandare a mente quel brano dei Sepolcri che non so./ Ma oggi no: ti porto in lutto dark, con thanatos e con eros,/metamorfosi d’Ovidio, compagno adolescente./ In modo differente ci trasformammo in niente).
Anche nell’ultima poetessa antologizzata, Mariagiorgia Ulbar, questi aspetti sono presenti, ma con un tono più ossessivo e percussivo nel dettato poetico e si dilatano in una sorta di nomadismo geografico, oltre che psichico. Quasi un battere il tempo di marcia fino al successivo luogo, sempre transitorio, dove giungere e che rimanda sempre a un altro che potrebbe sopraggiungere, a sua volta, per rivelare qualcosa di nuovo o meglio una nuova forma di ciò che si ricerca ossessivamente; o che, invece, in maniera ben più inquietante, quasi rovesciando il viaggio in una fuga inconsapevole, ci cerca e ci assale all’improvviso (Un giorno venne la paura/ a visitarmi in un tempo in cui io mai/ l’avrei attesa ed ero concentrata/ su biancheria lavata, accatastata/ in una valigia nera per partire.).
Potremmo, infine, dire che l’aspetto che soggiace a molti di questi testi, col quale tutti gli autori in maniera più o meno consapevole si confrontano, è l’esistenza e il divenire come qualcosa di radicalmente transitorio e inafferrabile. Insomma il tutto, se c’è, che è al fondo della nostra esistenza, si mostra, se lo fa, in un barlume di luce, nel riflesso schermato dalla parola poetica, in un sovrappensiero o nell’ultimo respiro prima che la parola e chi la pronuncia naufraghi, svanisca, per sempre.

Francesco Filia

Versioni più brevi e leggermente diverse tra loro del presente articolo sono apparse sul numero 280 di Poesia (Crocetti editore) e sul numero 273 de L'immaginazione (Manni editore).

domenica 17 marzo 2013

Una mia nuova poesia sulla pizza - immondizie riunite



sarebbe meglio con la spazzatura, ma se hai i carciofi ok

per mangiare correttamente una pizza\ bisogna indossare il frac\ e gettarsi su un cumulo di spazzature\ a napoli il sorite della vita\ col pomodoro sui polsi\ tanta ne voglio

la pizza non è niente se non è un gesto dandy

ci sta molto bene anche il quartetto d'archi n°2 di schoenberg mentre poi ti fai la peroni

amore mio e pizza non ti dimenticherò mai

anche qui su questa torre\ consegnano



(immondizie riunite)



Il testo è accompagnato da un'opera visiva dell'autore intitolata "ogni estate ha una matrice".

venerdì 8 marzo 2013

Associazione Culturale Alba - Presentazione 16 marzo 2013



Associazione culturale Alba
presenta
mostra di grafica e pittura
napoli - via toledo, 329
info: 081.19571436
albaassociazione@gmail.com
e collana di libri d'artista de IL LABORATORIO/le edizioni
degustazione di vini dell'azienda vinicola di antonella passaro
al suono armonioso di violini
da lunedi 18 a venerdi 22 marzo 2013 dalle ore 11,00 alle ore 18,00
voglio essere viva almeno per un giorno
"la città si raccoglie nel ventre di ogni donna..."
sabato 16 marzo 2013 ore 17,30
L'Associazione si propone come luogo di incontro e di aggregazione nel nome di interessi culturali,
assolvendo alla funzione sociale di maturazine e crescita umana e civile dei soggetti coinvolti.
Promuove e organizza, su programmi di intervento e/o progetti, attività diverse di tipo culturale,
artistico, artigianale, con specifico riguardo al ruolo delle donne nella società e nel lavoro.
In particolare sono previsti:
- percorsi formativi ad accesso libero in diverse discipline, quali design, moda e accessori, grafica
e fotografia, pittura e scultura, comunicazione;
- workshop professionali;
- dibattiti, conferenze, mostre, sfilate, reading e manifestazioni di vario genere;
- attività editoriali;
- laboratori artistici, tecnici e culturali.
L'Associazione darà la sua collaborazione a enti e realtà significative per lo sviluppo di iniziative
che si inquadrino nei suoi fini.
"Alba" vuole essere uno spazio polifunzionale, un luogo di dialogo, di confronto, ma anche di lavoro,
di riscoperta dell'artigianato artistico.
napoli - via toledo, 329
info: 081.19571436
associazione culturale albaassociazione@gmail.com

martedì 5 marzo 2013

Centro di poesia di Bologna - Stella variabile. Programma

Stella variabile – Incontri e laboratorio di poesia

Tutti i giovedì dal 7 marzo al 4 aprile al Menomale, Via De’ Pepoli 1/a - Bologna

Programma

Giovedì 7 marzo ore 21.00
Nino De Vita, Pierluigi Cappello, Rossella Frollà

Giovedì 14 marzo ore 21.00
Giancarlo Pontiggia, Andrea Di Consoli, Massimo Morasso

Giovedì 21 marzo ore 21.00
Brindisi e letture con Davide Rondoni, Valerio Grutt
e altri poeti di Bologna e dintorni.

Giovedì 28 marzo ore 21.00
Corrado Benigni, Bernardo Pacini, Martina Campi

Giovedì 4 aprile ore 21.00
Biagio D’Angelo, Francesco Filia, Domenico Ingenito