sabato 11 settembre 2010

Scogliera



Corriamo nel grigio cenere della polvere e il frinire di cicale non ancora morte. Il primo scavalca il cancello, seguito dagli altri. Maglie e costumi restano impigliati tra le sbarre o si strappano, mentre la pelle è graffiata dal filo spinato. Il sangue rapprende e coagula all’aria.
Mezzogiorno è alto nel cielo, infuoca l’aria e arde la terra. Ogni cosa è conficcata nell’orizzonte. La macchia di piante e arbusti è bruciata dal sole e piegata da passi radi che creano il sentiero. L’odore pungente di rosmarino penetra le nostre narici. La nostra pelle di ragazzi è spessa e scura e i muscoli affiorano guizzanti e pronti alla prova.
Paco arriva per primo alla sommità della scogliera. Guarda in basso nel riverbero del mare, si volta nella nostra direzione e, nel silenzio del meriggio, balza in perfetto equilibrio di roccia in roccia . Noi seguiamo il percorso indicato.
Arriva nel luogo prescelto, Paco getta il telo sugli scogli e lancia le scarpe in mare, ad indicare il punto dove entrare in acqua. D’un tratto si slancia nell’aria e fende lo specchio del mare con le mani giunte e la testa e il corpo protesi. Barone lo segue e poi ogni altro respira e si tuffa nel vuoto. I corpi nuotano in apnea tra lame di luce nel blu cobalto. Risalgono e affiorano respirando a pieni polmoni. Le grida e i richiami rimbalzano tra le rocce. Inizia la conta di chi è in acqua e gli occhi si alzano su quelli rimasti sulla costa.
“Tuffati! Tuffati senza guardare!” Ora le voci della banda confondono il Piccolo. Il rito è iniziato. La banda esige la prova. Gli sguardi non confortano ma sfidano. L’impatto stordisce ma il Piccolo è in acqua. Resta solo Azzolini, esita per due volte sul ciglio da varcare e non resta che lo scherno, chi non sente la prova è fuori e si ritira nell’ombra. C’è chi rimane a fissare la propria esclusione.
I volti segnati dal sale scorgono con precisione la preda, il riccio è preso, spaccato e succhiato via. La sfida continua e l’altezza è sempre maggiore, il corpo di Paco s’inarca sicuro nel balzo più alto, un gesto descrive la traiettoria nell’aria. Un frutto di mare è sottratto al fondale e lasciato su uno scoglio a marcire. Un ultimo slancio e risaliamo gli scogli, nessuno si volta. Vivara alle nostre spalle giace nel sole.

Francesco Filia

2 commenti:

Frungillo ha detto...

che dire ? molto bello. aspetto il resto.
v.f.

Filίa ha detto...

...speriamo...