mercoledì 8 maggio 2013

Boris Ryzhy (8, settembre,1974 - 7, maggio, 2001)



Poesia bestemmia

“Da cinque anni ormai non sogni più
che scopi, ti svegli per la noia, vai verso
il gabinetto e – allo scopo di farti
la barba – infili il tuo proprio ritratto
nello specchio e indietreggi:
e questo chi sarebbe, chi è?
Magro, con la barba lunga. Sei tu!
Lo specchio di fronte, un labbro rotto,
i nervi a pezzi, ma sempre il bello,
l’altero e allegro Boris B. Ryžhj,
che cosa priva di gusto sarebbe, ora
tagliarsi le vene con un innocuo rasoio"

Portami lungo viali vuoti...

Portami lungo viali vuoti,
parlami di qualche sciocchezza,
pronuncia vagamente un nome.
I lampioni piangono l'estate.
Due lampioni piangono l'estate.
Cespugli di sorbo. Una panchina umida.
Amore mio, resta con me fino all'alba,
poi lasciami.
Rimasto come un'ombra offuscata,
vagherò qui ancora un po',ricorderò tutto,
la luce accecante, il buio infernale,
io stesso fra cinque minuti sparirò.


Non ho camminato nei tuoi sogni...

Non ho camminato nei tuoi sogni,
nè mi sono mostrato in mezzo alla folla,
non sono apparso nel cortile
dove pioveva o meglio cominciava
a piovere (questo verso
lo cancello e non lo sostituirò),
era allettante credere, come uno stupido,
che ti avrei incontrato presto,
eri tu che mi apparivi in sogno
(e mi prendeva una dolce tenerezza),
mi sistemavi i capelli sulle tempie.
Quell'autunno perfino le poesie
in parte mi riuscivano bene
(però mancava sempre un verso o una rima
per essere felice).


E non morire mai

Una nave smaltata,
l’oblò, il comodino, il letto 
vivere è difficile e scomodo, 
però è comodo morire.

Sto disteso e penso: forse 
queste stesse lenzuola bianche 
ieri hanno avvolto colui che oggi 
se n’è andato all’altro mondo.

Il rubinetto gocciola piano. 
La vita, scarmigliata come una puttana 
appare da una nebbia 
e vede il letto, il comodino…

Io cerco di sollevarmi un po’, 
voglio guardarla negli occhi. 
Guardarla, mettermi a piangere, 
e non morire mai.

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