mercoledì 9 aprile 2008

Come insomma il vivo abbia luce

E' raro sentire versi che riescano a coniugare altezza filosofica, nitidezza di stile e misura. Qualcuno ha avuto la fortuna di assistere alla lettura di versi di Biagio Cepollaro a Milano e ha ricordato che cosa è la poesia. Basterebbe poco per rigenerare la letteratura nazionale, quel cascame di narrativa per dormienti! Ma con il passar del tempo ci si rende sempre più conto che la poesia non è letteratura, che la poesia non è poesia, che il genere poesia non esiste. I versi sono necessità che chiama necessità, differenza che invoca differenza. Quanto spazio a volte! Quanta luce!

"Maestro, e ora che devo fare di tutto
questo

vuoto?
e il maestro rispose: gettalo via
oppure
fallo.
che il vuoto
non è veramente vuoto finchè lo tieni in mano con le mani
a coppa
allora gettalo
via che non ti serve
a niente che è ancora
qualcosa
e chiesi
come questo s'illumini e che il vivido
dello scorcio in un'ora
della casa
o la confusione al bar per chi paga
si faccia vivido come insomma il vivo
abbia luce
intanto continua anche in pieno giorno a fare
buio"

Biagio Cepollaro, Versi nuovi, oèdipus, Salerno/Milano, 2004
www.cepollaro.it

2 commenti:

Frungillo ha detto...

Prova commenti

Filίa ha detto...

questi versi (che non conoscevo) mozzano il fiato,per poi dare una svolta del respiro, si collocano dove lottano gli opposti luce/buio vuoto/pieno...e poi la figura del maestro mi ricorda una poesia di Milo De Angelis tratta da Millimetri:

Un maestro
nuotò all'alba
delle cose, tra le sei meno venti
e la buona fortuna

impareremo
a mangiare questa cipolla,
a poco apoco, osservando il silenzio
di ciascun sapore