mercoledì 23 aprile 2008

Teatro e poesia

La rivista telematica Ulisse, curata da Italo Testa, Alessandro Broggi e Salvi, ha pubblicato il numero 10, il vol.2, dedicato al rapporto tra poesia e teatro. Ci sono tra l'altro testi dedicati alla scena scritti da Ballerini Luigi, Fantato Gabriela, Pugno Laura, Frungillo Vincenzo, Luzi Mario etc.
Ci sono studi sul teatro dei poeti con interventi di Buffoni, Nacci, Montalto (su Sanguineti). Ci sono infine testi poetici di Fiori Umberto, Genti Francesca (anche autrice del testo "Dark room" per i Baustelle), Fantuzzi Matteo (di cui propongo un testo).

da
www.lietocolle.com/ulisse



Da Sala d’attesa

1.

Io che tengo il cuore in mano,
per quattro ore ogni due giorni,
che sono Dio nei turni in sala
operatoria, mentre risalgo
valvole ed arterie, che dono nuova
vita a carne che si spegne.

Io che arrivo a casa e sono niente
schiacciato da mia moglie, i figli,
il cane San Bernardo, dai debiti,
dai vizi, dalla gente che mi guarda
come se potessi risuscitare i morti
veramente, come se contassi.

2.

Io che sento il male,
un male disperato, come dei
chiodi in faccia, come il cranio
fosse preso e torto da una bestia
subdola e spietata. Io che provo
col dolore
rabbia e non so rassegnarmi, poi chino
il capo e aspetto, come non fossi,
come non provassi tutto questo, giorno
dopo giorno, notte dopo notte, sola
mano nella mano con il dramma
che mi abbraccia, mi sta accanto.

3.

Io che porto il lutto da quando
avevo 18 anni, che ho perso
mio marito in Russia e non ho
conosciuto uomo da quel giorno
per rispetto, io che ancora spero
che mi illudo che spunti dalla porta
come niente
con il volto lieve dei vent’anni,
sorridente. E intanto passo le giornate
tra ginecologi inventando quadri
clinici, per poter sentire mani d’uomo
scorrere nel ventre e immaginare
quel non è stato, mai una volta.

4.

Io che vado giorno dopo giorno
negli ipermercati e passo lì la vita
come se comprare fosse in qualche modo
rendere le cose, come una rata
a un tasso da strozzini.
Io che guardo le vetrine e scruto le commesse,
se sono tristi: perché la gente passa
e non le guarda mai negli occhi
se non per chiedere “Ma mi sta bene questa
giacca ?” Certo, è quella giusta.
Come sempre.
Come tutti quanti.

5.

Io che vorrei morire,
morire e basta
spegnermi
come la fiamma si esaurisce
quando ha finito il nutrimento,
non ha più aria.
E invece vedo questa gente
che sta bene e d’improvviso
chiude gli occhi e lascia
tutto
e penso a quanto è ingiusto.
Io che vorrei morire
e non ci riesco.

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