mercoledì 30 aprile 2008

Memorie di un tarallaro.


Il mio quartiere aveva una sola scuola media. Era molto fatiscente. Io ci andavo volentieri. E' stato a scuola che ho capito il mio mestiere. Facevamo ginnastica e il mio prof. ci assegnava dei compiti. Io però, preso da timidezza, restavo in disparte. Non dicevo una parola. Facevamo ginnastica con i grandi. Loro avevano sempre modi prepotenti. Fattomi coraggio gli ho chiesto: "Prof. e io cosa faccio?" e lui, ammiccando ad un ragazzo grosso e occhialuto, mi dice :"tu fai i buchi nei taralli." Il ragazzo, prendendo la palla al balzo, con risata esagerata inizia a chiamarmi "il tarallaro". Io sul momento non avevo colto. Ma poi ho iniziato a pensarci sopra. Da quel giorno nella scuola media, "santo..... e qualche cosa", tutti hanno iniziato a chimarmi "il tarallaro". Questo nomignolo mi è rimasto addosso. Ci pensavo spesso. "Io faccio i buchi nei taralli" mi ripetevo e cercavo di capirne il senso. Preso da questi pensieri sono cresciuto. I miei ricordi erano degni di estati solitarie. Infatti, contrariamente ai miei coetanei, passavo il ferragosto nel mie quartiere, ad inseguire topi stanchi e scorticati, lungo i marciapiedi e i viali. Di tanto in tanto leggevo i manifesti mortuari. Quelli freschi splendevano iridescenti con la colla che rifletteva i raggi solari. Ogni morto aveva un motto che spiegava il loro mestiere. Io mi ripetevo "..ed io cosa farò da grande, cosa sarò da morto". Proprio riflettendo su questo, un giorno d'agosto, incontro il ragazzo robusto dagli occhiali spessi. Gli sorrido timidamnete. Abbassando lo sguardo. Lui mi guarda e mi fa "Ma non sei ancora morto!?" Lo dice un po' ridendo. Quella sua schiettezza mi sembra giusta e opportuna. In fondo sapeva chi ero. "Il tarallaro, quello che fa i buchi nei taralli". Questo, è scritto, sarà il mio lavoro. Infatti ho iniziato a lavorare per Leopoldo come assistente di laboratorio. Da lì ho imparato. Sono diventato masto. Bravo a togliere il superfluo da ogni impasto.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

grande enzo, sono mimmo di caivano (ci manca solo che faccia una dedica come succedeva una volta alla radio). scopro con piacere il tuo spazio. ripasserò a leggerti. buon lavoro.

Frungillo ha detto...

Caro Mimmo,
grazie per tuo messagio dopo un po' che non ci si vede. Salutami la bella Bologna...nè
enz

Anonimo ha detto...

vieni a bologna, casa mia è sempre aperta... ah, fosse una casa chiusa!!! ti aspetto

Anonimo ha detto...

Caro Enzo, ancora una volta capisco benissimo il tuo stato d'animo. L'altro giorno camminavo con Franco Boschi in via Nevio - una via abbastanza malfamata di Posillipo - quando un ragazzo vedendomi mi fa: 'Savia' nun si mmuort ancora?... pigli'onculo tu e 'o ggiurnale!'. Allora ci siamo fermati, increduli, delusi ancora una volta da questa città dove avvengono episodi di violenza terribili e intollerabili come questo. Franco poi voleva anche reagire, ma non ha fatto in tempo perché 'o scugnizziell si è allontanato impennando e dicendo: 'Boschi... tuornatenne in Puglia mmocc a pat't...'. Michele Saviani